PROGETTO NAZIONALE
Documento politico 2014
La campagna elettorale in vista del voto del 25 maggio 2014 per le elezioni europee dovrà necessariamente ed ineludibilmente rimarcare la soglia di demarcazione tra le differenti forze in campo.
Questo non solo sul piano mediatico, oggi più che mai, lo scontro rimane acceso tra chi intende continuare a sostenere questo modello d’Europa, accettandone supinamente i diktat con conseguenti ripercussioni sul piano economico e sociale e tra chi vuole intraprendere la via dello strappo a tutti i costi, spesso in maniera scriteriata e, molto probabilmente, anche dolorosa, sostenendo le proprie motivazioni solo ed esclusivamente attraverso slogans demagogici e senza alcun supporto di un reale progetto politico alternativo.
Tra questi due fronti, va sempre più ad affermarsi la forza di chi crede in un progetto europeo, di chi crede in un’Europa le cui fondamenta devono essere consolidate sul piano politico e non meramente su quello finanziario e monetario, un’Europa federazione di singole realtà nazionali che abbiano la forza e la dignità di salvaguardare i propri interessi senza ledere quelli di altri, di chi crede in un’Europa in cui possiamo rimanere come di protagonisti e non certamente quali oggetto di altrui decisioni.
Non possiamo accettare chi dice sì all’Europa a prescindere, così come riteniamo irresponsabile chi, a prescindere, rigetti ogni forma di europeismo in nome di chissà quali alternative poi incapaci di offrire.
Innanzi ai tanti fronti del No all’Europa, soprattutto privi di soluzioni concrete e percorribili, rimarchiamo la nostra posizione per un’altra Europa, ma nello stesso tempo occorre esser pragmatici e realisti in quanto oggi facciamo parte di questa Europa e, pur non apprezzandola, spetta proprio a noi cercare di migliorarne le condizioni.
Ogni paese cerca, in un coacervo di vincoli e parametri imposti dalle commissioni e dalle pressioni provenienti da varie lobby, di salvaguardare i propri interessi.
Germania, Francia e altri soggetti ci sono riusciti proprio, spesso e volentieri, a discapito dell’Italia.
Molto probabilmente perché fino ad ora, a rappresentarci in Europa, mandiamo per lo più rappresentanti improduttivi, pluri-assenteisti, gli scarti dei singoli parlamenti nazionali; risultano incapaci ed improduttivi molti parlamentari nazionali, figuriamoci i trombati e le seconde linee che mandiamo a Bruxelles e a Strasburgo.
E’ anche vero che l’organismo del Parlamento Europeo detiene limitatissime capacità decisionali, ma è altrettanto provato che i rappresentanti nazionali devono iniziare ad andare in Europa a far la voce grossa, al fine di cercare di salvaguardare e promuovere gli interessi dell’Italia.
Occorre mettere mano ai Trattati capestro che sono stati irresponsabilmente sottoscritti a condizioni insostenibili; dobbiamo rinegoziare i parametri di Maastricht, rigettare le imposizioni del Fiscal Compact e del Mes; così come ridiscutere dalle fondamenta il Trattato di Lisbona.
Senza perseguire questi obiettivi, difficoltosi ma percorribili solamente se sospinti da una sana volontà politica di chi eleggeremo in Europa, non possiamo parlare ed auspicare un rilancio dell’intero sistema economico-produttivo; proprio perché continuiamo ad accettare supinamente in primo luogo politiche monetarie che ci costringono ad una perpetua sudditanza nei confronti di altri paesi e soprattutto a drenare le risorse di imprese e famiglie sempre più in carenza di ossigeno.
La questione monetaria diventa quindi fondamentale e, in attesa di un cambio di rotta a livello comunitario, rimane esclusivamente l’esigenza di adottare misure immediate ed efficaci sul piano nazionale; in particolar modo alla luce del fatto che metà del debito pubblico sul mercato internazionale espone l’Italia ad ogni tipo di ricatto da parte del sistema bancario, delle agenzie di rating e della BCE, un’istituzione la cui proprietà, in grande maggioranza, è in mano alle banche private. Senza la riconquista di una completa e operativa sovranità monetaria e di un ricollocamento del debito pubblico all’interno dell’economia italiana, qualsiasi tentativo di uscire dalla crisi è destinato al fallimento. Qualsiasi alternativa, qualsiasi cambiamento non può avere efficacia. Alla luce di tutto ciò, considerando il fatto che ogni anno lo Stato italiano, quindi i cittadini, devono versare nelle casse delle banche detentrici dei nostri titoli di Stato miliardi di euro che vengono sottratti a famiglie e ad imprese, costrette a subire un costante aumento della pressione fiscale; in considerazione che lo stesso Stato italiano, per accordi comunitari, non può ricorrere all’emissione monetaria diversa dall’euro, che rappresenterebbe comunque la miglior soluzione; si può ricorrere, nel rispetto dell’art. 123 comma 2 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), all’istituzione di una banca pubblica di interesse nazionale (si potrebbe utilizzare la Cassa Depositi e Prestiti), accedendo alla liquidità offerta dalla BCE al tasso attuale dello 0,25%, tasso di gran lunga inferiore rispetto a quello offerto dal mercato finanziario, e utilizzare questa liquidità per ri-finanziare l’intero sistema economico produttivo affetto da un grave stato di anemia monetaria, oltre a ridurre il debito pubblico; il tutto senza ledere alcun trattato ed utilizzando sempre l’euro. Molto meglio indebitarsi con la BCE allo 0,25%, piuttosto che con i mercati al tasso del 5-6%, perseguendo una strada percorribile fin da subito.
Unitamente a questa proposta, che non va sicuramente ad incidere sull’anomalia sistemica legata ai meccanismi di emissione monetaria, ma consente notevoli benefici volti al rilancio del tessuto economico interno; rimane necessario considerare la formazione di una società di rating europea a partecipazione italiana in proporzione al Pil, a nomina e controllo politico, slegandosi dalle società private controllate dalle stesse banche che detengono i titoli di Stato; controllare la spesa pubblica tramite la creazione di parametri di efficienza minima riguardo l’erogazione di tutti i servizi pubblici che devono essere soddisfatti prima di dirottare il denaro pubblico verso spese non indispensabili.
Il nuovo corso dell’Europa dovrà passare necessariamente da un’inversione di tendenza rispetto alla mera visione economicistica che l’ha fino ad ora caratterizzata e focalizzare il proprio operato su di una vera e propria realizzazione di una Confederazione di Stati che non rischino di annullare le singole individualità, bensì di divenire parte organica di un soggetto politicamente forte ed economicamente indipendente nel rispetto di una sintesi delle singole realtà aderenti. Il progetto potrebbe risultare perseguibile attraverso una stretta collaborazione e coordinamento di aree omogenee basate sulle tratte Parigi-Berlino-Mosca; Roma-Budapest-Kiev; Madrid-Roma-Atene che potrebbero consolidare scelte strategiche sul piano economico-commerciale anche in funzione internazionale. Innanzi a questo scenario, anche una valuta come l’euro non potrà più essere mero strumento di concentrazioni finanziarie che attualmente dirigono la politica; ma assurgere al suo naturale ruolo di mezzo di scambio per incrementare la produzione in un mercato organico ed autoalimentato salvaguardando, in piena armonia dell’interesse comunitario, le singole esigenze dei Paesi aderenti, senza che ne vengano calpestati i diritti. Allora sì che potremmo iniziare a parlare della concreta e reale costruzione dell’Europa dei popoli e delle Patrie, nel rispetto dei singoli componenti, dove l’Italia in primis potrebbe ricoprire il proprio naturale spazio geopolitico improntato al Mediterraneo, iniziando ad avanzare un ruolo primario, in sede europea, nelle cooperazioni economiche, commerciali e culturali. Nel naturale destino culturale, geografico e strategico, oltre che storico.
In quest’ottica, occorre necessariamente ripartire dal territorio e da chi oggi lo rappresenta nel miglior modo possibile; da chi, con responsabilità e maturità politica, ha sempre cercato risoluzioni ad ogni problematica attraverso vie percorribili; così come in Europa potrà fare da cassa di risonanza per gli interessi nazionali, rivendicando il primato del Paese tra gli squali di Bruxelles e di Francoforte.
Solo chi ha dimostrato di saper difendere i reali interessi dei suoi cittadini in nome del Sociale può rappresentare una garanzia per il proprio Paese di fronte alle pressioni di chi ha voluto fino ad ora mantenere un’Europa tanto vicina ai mercati ed alle banche, quanto sempre più lontana dalle esigenze di milioni di europei che non si riconoscono in questo disegno che osteggia la volontà ed il destino dei popoli. Anche in Europa, quindi, noi siamo con Flavio Tosi!